Esperienze di vita

primavera

Esperienze della Parola di Vita

“Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunciato” (Gv 15,3).

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In Ospedale: dalla paura all’incontro

Quando mi è stato chiesto di far parte di un gruppo di quattro fisioterapisti volontari per l’ospedale covid di Trecenta mi è sembrata da subito una bella opportunità per aiutare persone che vivono una grave malattia nella solitudine, ma anche, pur nella mia pochezza, condividere con gli altri sanitari una difficile esperienza professionale e umana cercando di portare un po’ di luce in un ambiente nel quale è difficile starci.

Poi sono arrivati i giorni di preparazione con corsi, compilazione di protocolli di trattamento e studio. In questa fase è iniziata la paura. Paura del contagio, paura di non farcela, paura per i cambiamenti delle abitudini alimentari, paura di ciò che ancora non conoscevo. In quei giorni ho letto la Parola di Vita di Aprile che dice: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”. Dovevo credere e fidarmi. Credere senza vedere. Credere all’Amore e tuffarmi nel buio. Così piano piano sono passato dalla paura al suo contrario che è l’amore.

Quindi è arrivato il momento e con i miei colleghi abbiamo iniziato ad entrare in tutti i reparti covid dalla terapia intensiva fino ai reparti con pazienti in via di miglioramento e dimissione. Subito ci siamo accorti che la difficoltà più grossa  è respirare avendo addosso dispositivi di sicurezza molto ingombranti. L’ossigeno scarseggia e tutti gli operatori si muovono lentamente in modalità di risparmio energetico. Non è possibile resistere tante ore lavorando con i ritmi soliti di un reparto ospedaliero. Per riconoscerci dobbiamo scrivere il nostro nome sulla vestizione che qualcuno abbellisce con qualche disegno simpatico.

Entro a contatto con i pazienti e inizio il trattamento riabilitativo nelle stanze di degenza ben chiuse. Mi rendo conto della sofferenza fisica ma anche psicologica dovuta all’isolamento totale dall’esterno. Non entra niente e nessuno. Ci sono dei pazienti anziani che non riescono ad usare bene neanche il cellulare. Ecco la gioia che si scatena quando un parente chiama il medico e questo entra in stanza col tablet per far incontrare tramite video il suo famigliare. Momenti commoventi che coinvolgono anche il personale sanitario. I rapporti con i sanitari sono più facili, siamo complici di una situazione di emergenza. Ci si aiuta nel momenti in cui vedi il collega in crisi d’ossigeno che si deve sedere e riposare. Ci si sostiene con frasi d’incoraggiamento, c’è complicità.

I pazienti hanno voglia di parlare pur nella fatica e mi raccontano del loro strazio in una situazione fuori dal tempo e surreale.  Mi parlano della famiglia, dei ricordi che spesso si appassiscono, della loro vita ricca di avventure e di drammi, di scelte positive e di valori. Alcuni dopo settimane di ospedalizzazione perdono lucidità e hanno bisogno di aiuto anche dai loro compagni di stanza che diventano miei complici. Qualcuno mi vede stanco e ansimante in certi momenti e generosamente mi invita a sedermi preoccupato più per me che per lui. Una signora mi racconta di avere una brava figlia che fa ottanta chilometri in macchina per restare nel parcheggio dell’ospedale e guardare la finestra della stanza dove è ricoverata la madre. Resta lì un quarto d’ora, telefona e dice: ”Mamma sono qui sotto nel parcheggio. Sono vicina”. Ma non è possibile incontrarsi.

Stamattina una signora vicino ad una mia paziente mi racconta la sua vita. Tanti lutti e tante malattie. Penso che questo è troppo da sopportare. Poi la mia interlocutrice si chiede cosa mai abbia fatto di male per meritare tante avversità nella vita.  A quel punto l’ho guardata e ho cercato di farle sentire l’amore di Dio che non la vuole punire di niente. Ci siamo parlati. A un certo punto lei mi parla di Gesù che anche Lui in croce ha dubitato. “Se persino Lui ha dubitato io povera umana cosa posso fare?”. Le ho parlato del dolore di Gesù, di Gesù Abbandonato. Quando sono uscito dalla stanza si respirava aria di sacro anche senza ossigeno.

Tante volte i progressi non sono rapidi come i malati vorrebbero e sono da sostenere. Io come fisioterapista resto molto più tempo di qualsiasi altra figura sanitaria a contatto col singolo paziente e ogni giorno mi aspettano con tutti i loro compagni di stanza. In questi rapporti vedo la resurrezione di Gesù con i sensi dell’anima senza vedere con i sensi del corpo. Umanamente vedo tanta sofferenza e non solo fra i malati, ma amando questo dolore tutto si clarifica. Tutto prende senso e il fatto di essere lì volontariamente mi fa vedere il mio lavoro anche nella dimensione della gratuità e la fatica fisica è condividere un po’ quella più grave dei miei pazienti.

 

wapp

Ascoltare quella voce e… lanciarsi con fiducia!

Qualche settimana fa, dopo molti giorni passati in terapia intensiva, Alessandro, un volontario di Vicenza sembrava ce l’avesse fatta. Uscito dalla terapia intensiva ha il tempo di vedere la moglie e i figli prima di raggiungere la Mariapoli celeste a causa di un arresto cardiaco.

Immaginate il dolore ….

È nata subito una corsa tra noi volontari per farci sentire vicini alla famiglia, cercando di aiutarla  anche economicamente. Alcuni hanno versato concretamente denaro su un conto dedicato per questo.

Io dipingo, ho esposto  anche in gallerie e palazzi storici in varie città. Dopo qualche giorno,  sento nascere in me un’idea: organizzare un’asta, e al più presto! Ma contemporaneamente arriva anche la paura di fare brutta figura,  che questa cosa non possa essere  capita e che possa rivelarsi un insuccesso! Ne parlo con mia moglie che però mi incoraggia!  Ottimo! Allora scrivo sul gruppo whatsapp dei volontari di Verona per chiedere cosa ne pensano: subito alcuni mi rispondono che l’idea piace! Decido di provarci!

Con mia moglie scegliamo 3 quadri. Li posto sul gruppo, dico che si parte da una cifra base con rilanci più contenuti e che l’asta termina sabato alle 21! Iniziano timidi i rilanci … uno, due,…dieci …

Finché, alla fine, negli  ultimi minuti si scatena una vera e propria “battaglia” … ed ecco il risultato: l’equivalente per il sostegno familiare di oltre un mese da donare alla famiglia di Alessandro. È proprio vero “Ascoltare quella voce” confrontarsi in Unitá… e poi  … lanciarsi con fiducia! Un ottimo modo per vivere la Parola.

Ennio

 

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Un po’ di pane…oltre le regole!

Terminato il lavoro di riparazione del generatore di corrente di un noto supermercato, salgo nell’ufficio del direttore per fargli firmare il rapporto di lavoro. Quando entro nell’ufficio scopro che sta inveendo ad alta voce su qualcuno, sta discutendo con un uomo, indiano. La cassiera lo ha scoperto mentre nascondeva un pacco di pan carrè dentro il giubbotto.
Il direttore è molto arrabbiato e, dopo averlo sgridato, lo minaccia di chiamare i carabinieri per furto.
Guardo l’uomo indiano: è di età avanzata,vestito in malo modo e senza denti in bocca, costretto in un angolo, spaventato e impaurito; sento di doverlo aiutare, ma non so come pormi con il direttore che nel frattempo sta cercando il numero della vigilanza. Ho paura di espormi ma penso alla Parola di Vita e mi viene in mente la frase:”Gesù vuole che tu creda al suo amore anche nelle situazioni difficili”.
Devo avere fede, penso, prendo l’iniziativa e lo faccio perchè vedo un Gesù che soffre in quell’uomo…..
Mi avvicino al direttore e comincio a dialogare con lui, cercando di convincerlo a condonare il piccolo furto e offrendomi a risarcire il negozio per il  costo del pane. Inizialmente, il direttore non accetta perchè crede sia importante dare una lezione a quell’uomo, ma lo invito a guardarlo e, con calma, ribadisco che probabilmente aveva fame e non aveva soldi ponendo la domanda: e se anche noi ci fossimotrovati nelle sue condizioni? Dopo qualche minuto di silenzio, il direttore si avvicina all’indiano, gli fa delle raccomandazioni e lo lascia andare via!
M.

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In Ospedale in tempi di Covid-19: l’amore che supera la cura.

Lavoro come infermiera presso il dipartimento di pediatria in ospedale. Abbiamo avuto qualche tempo fa, il ricovero di una neomamma sospetta per covid19. Nel momento in cui abbiamo un paziente sospetto dobbiamo mettere in atto una serie di precauzioni e misure di sicurezza compreso l’isolamento per poter mettere in sicurezza gli altri pazienti. Quindi questa mamma, arrivata in ostetricia per dare alla luce il suo bimbo, poiché sospetta per covid19 è stata messa subito in isolamento: in sala parto non ha potuto avere l’accompagnamento ed il supporto da parte del marito durante il travaglio e nei giorni a seguire è stata sistemata in una stanza da sola e non le era acconsentito ricevere nessun tipo di visita, nemmeno quella del marito, per mantenere l’isolamento ed evitare così di diffondere la carica virale, se lei dovesse essere poi risultata positiva al tampone. Appena è arrivata è stato eseguito il tampone nasofaringeo, ma il l’esito del tampone necessitava di almeno un paio di giorni per darci un risultato.

La mamma ha quindi dato alla luce il suo bambino e, per seguire il protocollo vigente, è stata subito separata dal suo bambino, posto anche lui in isolamento in patologia neonatale. Anche a lui è stato eseguito il tampone nasofaringeo e siamo rimasti in attesa di poter ricevere i risultati. Quindi sono passati due giorni abbondanti in cui mamma e piccolo non hanno potuto assolutamente vedersi e vedere nessuna persona cara, perché anche per il neonato erano valide le stesse misure di isolamento: niente visite, né da parte della mamma, già isolata e che non poteva spostarsi dalla sua stanza, né da parte del papà, e di nessun altro, insomma un isolamento serrato. Fin qua nessun problema.

La cosa che mi ha colpita è stata la seguente. Io ero l’infermiera che doveva assistere il piccolo per più turni e per poterlo assistere bisognava: indossare tutti i presidi di protezione individuale indicati, restare nella stanza dell’isolamento per meno tempo possibile ed evitare stretti contatti con il piccolo (per il principio di poter così proteggere anche gli altri piccoli pazienti). Quello che più mi ha coinvolta è stata la sfera emotiva, perché guardavo questo neonato e pensavo a questa creatura innocente che non poteva avere le coccole della sua mamma, non poteva avere le coccole del suo papà, non poteva avere contatti con i suoi genitori, che erano in attesa, che lo desideravano, che avrebbero voluto coccolarlo. E lì c’ero io. C’ero io, ma non potevo, per il bene degli altri pazienti, non potevo coccolarlo, stringerlo, fargli sentire quel contatto che lo avrebbe fatto stare bene. Mi sembrava di vedere un neonato più abbandonato dei neonati che vengono abbandonati in ospedale dai loro genitori, perché loro almeno hanno le infermiere che li coccolano!!! Quindi dentro di me c’era perennemente questo dolore: di non poter essere un vero aiuto per questo neonato.

Dal punto di vista clinico il bambino stava bene, però vedere che era lì, da solo, e che non ci si poteva avvicinare o comunque solo strettamente per fare le attività necessarie e indispensabili, mi toccava davvero il cuore. Allora cosa ho fatto? Ho pensato di poter avvalermi della tecnologia per poter mettere in comunicazione la mamma e il piccolino mediante l’aiuto di un’ostetrica, perché il box dell’isolamento in patologia neonatale è dotato di una parete vetrata: mentre io seguivo il bimbo, durante il cambio pannolino e la somministrazione del pasto, l’ostetrica ha fatto filmati, foto e videochiamate alla mamma di modo che la mamma potesse vedere direttamente il suo bimbo nelle attività di accudimento. Abbiamo usato i nostri cellulari per poter fare il tutto. Ma avevo ancora la sensazione di non aver fatto abbastanza: sì, era tutto quello che potevo fare in quel momento, ma era come se dentro di me restasse un vuoto, era come se non fossi riuscita ad amare quel Gesù fino in fondo. Nel frattempo è arrivato l’esito del tampone: positivo. La mamma è andata a casa con il suo bambino e sono stati messi in isolamento domiciliare, e quindi il mio pensiero era: questa neomamma che non ha avuto la possibilità di seguire, gestire e conoscere il suo bambino nei giorni appena dopo la nascita perché sono stati separati, va a casa e nessuno può aiutarla nell’accudimento se dovesse aver bisogno di qualsiasi aiuto concreto, perché in isolamento domiciliare sei rinchiuso in casa, senza nemmeno la possibilità di fare visite o consulenze in ospedale. Quindi ho ripensato a questa mamma e mi è venuto un flash e mi dico: aspetta che non ho ancora cancellato il suo numero di telefono, usato per passarle foto e video mentre era in ospedale. Quasi quasi le dico che ci sono!

Prima di contattare questa mamma, mi ero confrontata con qualche mia collega, ma tutte mi avevano detto: ma sai, nel momento in cui viene dimessa, è anche giusto tagliare, altrimenti è una cosa senza fine, ti porti a casa il lavoro, i problemi degli altri. Ma la mia priorità è stata di vedere Gesù in quella mamma e se fosse stato Gesù figuriamoci se non l’avrei contattato!!!! E allora ho detto: no, devo andare fino in fondo! Mi tornava alla mente anche la parola di vita del mese (marzo): tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.

Allora le ho mandato un messaggio e le ho proprio scritto così: se hai bisogno di qualsiasi cosa possiamo sentirci, ti aiuto, ti spiego come si fanno le più semplici attività di accudimento, perché magari una neomamma non sa bene come fare! Allora lì ho sentito di aver dato tutto fino in fondo: dare a questa mamma la possibilità di sentire che era stata presa in carico, anche se con modalità diverse dalle solite, perché per mantenere le distanze è difficile.

Lei mi ha ringraziata tanto, anche se poi non avevo fatto nulla di così significativo!!! Però è come se avessi sentito nel cuore che lei avesse potuto essere più tranquilla, e questa cosa mi ha tanto risollevata, perché non è solo l’ospedale, è proprio il fatto che siamo anime in comunione, che Dio ci fa incontrare e che Dio, con i mezzi che abbiamo, ci dà il modo di restare in comunione.

La sorpresa ancora più grande è stata la seguente. Qualche giorno dopo ricevo una comunicazione dal mio direttore: non mi pare carino, oltre che opportuno, prendersi cura telefonicamente del piccolo paziente senza chiedere il permesso al proprio direttore. Beh non nego che mi è mancata la terra da sotto i piedi, mi sono doverosamente scusata per la mia dimenticanza, ho spiegato con delicatezza quale fosse stato il mio intento ed ho finito scrivendogli: “mi ha spinta un senso di carità, è stato il mio cuore che mi ha spinta in avanti, non la mente”. E poco dopo lui mi risponde: “ti perdono, siamo quelli del cuore”. E lì ho proprio sentito la certezza che se si segue Gesù, si fa sempre centro!!!!!!

G.

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Un compleanno indimenticabile

Qualche giorno fa è stato il mio compleanno, e vista la situazione alternativa che abbiamo di vivere i compleanni in cui non possiamo ritrovarci in famiglia o con gli amici particolare ho pensato di festeggiare al lavoro. Sono infermiera in pediatria. Ovviamente si festeggia a casa, con mio marito, ma per sentire ancora di più l’aria di festa, ho pensato di festeggiare anche al lavoro, perché sarei stata di turno quel giorno. Allora il giorno prima mi sono fermata a fare la spesa perché mi mancavano gli ingredienti per poter fare la torta per le mie colleghe, per festeggiare insieme.

Quando poi sono arrivata a casa, mio marito mi ha detto: “ma se vuoi veramente voler bene alle tue colleghe, vista la situazione, è meglio che eviti di fare la torta, perché adesso in tutta sincerità non sai se sei positiva per il covid19, cioè se sei entrata in contatto con qualche paziente positivo che non sapeva di esserlo! Il festeggiamento del tuo compleanno sarà diverso rispetto a quello cui siamo abituati. Perché se tu dovessi essere positiva, e non lo sai, visto che il tampone lo fanno solo a chi ha sintomi, rischi di contaminarle tutte le tue colleghe”. Infatti, in ospedale, per lavorare in tutta sicurezza, dobbiamo perennemente considerarci tutti potenzialmente positivi, solo così riusciamo a proteggere tutti, pazienti e colleghi, evitando di contaminare qualcuno.  Allora ho pensato: in fondo mio marito ha ragione, se voglio loro bene davvero, devo anche rispettare questo.

È stato per me un piccolo dolore però mi è venuta in mente Maria, Maria che ha perso tutto, tutto, anche il suo Gesù, e quindi mi sono detta: “dai, cosa vuoi che sia rispetto a quello che ha passato Maria!? Perdi l’idea della torta!”. Perciò ho lasciato perdere. Quando sono arrivata al lavoro, qualcuna delle mie colleghe aveva saputo che compivo gli anni, mi hanno fatto gli auguri e allora ho loro raccontato: “guardate volevo farvi una super torta, ma restano i miei super pensieri, perché non volevo crearvi danno”. Dopo poco, di loro iniziativa, a mia insaputa, una di loro è andata al bar e ha comperato le brioches per tutte, per festeggiare il mio compleanno!!!!!! Quindi è stato il centuplo per me perché ho visto quanto loro ci tenevano a festeggiare.

E questa è stata la prima parte della sorpresa, perché quando vuoi amare ricevi veramente tanto di più!!!! Io ho fatto il turno della mattina quel giorno ed è stata una bellissima giornata perché abbiamo proprio respirato quest’aria di festa, di famiglia e di condivisione, grazie a loro. Quando il pomeriggio sono tornata a casa ho ritenuto opportuno ringraziare singolarmente tutte le colleghe del turno con un messaggio personale, per far capire loro quanto mi avevano fatta stare bene, quanto mi avevano amata. Durante la mattinata una di loro si era lamentata di una serie di problematiche relative al lavoro, con le colleghe, con la caposala, ed io le ho prestato ascolto. Con mia grande sorpresa, dopo aver ricevuto nel pomeriggio il mio messaggio di ringraziamento, questa collega mi ha dato una risposta che mi ha sconvolta, in senso positivo, anche se io non avevo detto nulla, avevo solo semplicemente ascoltato. Di seguito il suo messaggio.

“Grazie! Ti voglio bene! È stato solo un piacere per noi. Hai ragione, è la nostra seconda casa e dobbiamo curarla, forse dovrei iniziare anche io a lamentarmi di meno, non sono mai stata tanto lamentosa! Alla fine stiamo bene insieme, andiamo d’accordo ed è un bene prezioso! Son contenta che tu sia stata felice oggi! È il tuo compleanno, festeggia ancora, cerca di staccare da questo momentaccio, insieme ce la faremo!”

È come se anche questa collega fosse tornata con il “sole nel cuore”, così mi piace dire. E tutto solo perché abbiamo cercato di amarci a vicenda. È stato il frutto di una cascata di atti d’amore vissuti nella reciprocità.

G.

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Con i bambini del catechismo: una gara di amore

Sono catechista di un paese nella provincia di Verona. Quest’anno seguo i bambini di classe terza elementare. Abbiamo celebrato con loro il Sacramento della Riconciliazione a novembre, e avremmo dovuto preparaci per la Prima Comunione, che però è stata posticipata a data da destinarsi. Abbiamo creato su whatsapp un gruppo con i genitori per poter dare le comunicazioni “di servizio”, ma da quando è arrivata l’emergenza per il corona virus, questo gruppo viene usato da noi catechiste soprattutto per condividere con le famiglie le iniziative della parrocchia per vivere la quaresima in famiglia, o per inviare dei video o delle immagini dirette ai bambini.

Dopo un po’ di tempo mi sono però chiesta se questo approccio fosse stato sufficiente per far sentire ai bambini e alle loro famiglie la nostra vicinanza. E dopo essermi confrontata con un’altra catechista ho deciso di contattare telefonicamente i bambini, ad uno ad uno, almeno per salutarli e sapere come stavano. Mi ci è voluto un intero pomeriggio al telefono, perché seguo 15 bimbi, e per di più spesso la conversazione si dilatava, parlando anche con i genitori. Ma ho voluto amare ogni famiglia, fino in fondo, ascoltando, dando consigli e suggerimenti se mi venivano richiesti, senza pensare a quanto tempo avrei impiegato per sentirli tutti. E quando si decide di amare, l’amore ci dona la sua ricompensa!!!!

Con mia grande sorpresa un bimbo mi ha raccontato che in famiglia dicono il rosario tutti insieme tutte le sere: quale immensa gioia per il mio cuore e per il nostro adorato Gesù! Un’altra bimba mi ha detto che dice l’atto di dolore tutte le sere, a memoria! Un altro bambino mi ha detto: catechista dobbiamo pregare e chiedere insieme a Gesù che fermi questo virus! Altri bimbi mi hanno raccontato che lanciano il dado dell’amore tutte le mattine. Sono stati tutti molto contenti che li avessi voluti salutare, ma più di loro sono stata contenta io nello scoprire quanto amore donano questi bambini e le loro famiglie.

G.

PR

Vacanze solidali, un sogno condiviso tra Italia e Africa

Le vacanze sono un momento importante nella vita di famiglia.

Venti anni fa, insieme ad altre famiglie abbiamo iniziato a condividere un periodo estivo di vacanze con figli e amici. La prima esperienza l’abbiamo trascorsa in Valle Aurina, in sette famiglie, alloggiando in un rifugio di alta montagna. E’ stata una esperienza bellissima e così, anno dopo anno, le vacanze di famiglie, al mare o in montagna, sono state per tutti noi una tappa fissa. Piani di Luzza, Lignano Sabbiadoro, Arbatax in Sardegna hanno visto l’avvicendarsi di gruppi più o meno numerosi a vivere questi momenti di condivisione.

Dopo uno di questi periodi di vacanza, in cui avevamo raccolto una somma da destinare ad un progetto di Famiglie Nuove nella baraccopoli di Mathare a Nairobi, in occasione del nostro ventesimo anniversario di matrimonio, ci siamo regalati un viaggio in terra africana, precisamente in Kenya. E’ stata per noi un’esperienza che ci ha lasciato un segno indelebile. Donne che percorrono chilometri a piedi per andare a prendere l’acqua, abitazioni fatte di terra, bambini che corrono scalzi….eppure sempre felici.

Questo stile di vita completamente diverso dal nostro, ci ha fatto capire quanto superfluo abbiamo e ci ha aiutato a ridimensionare i nostri bisogni.

Dopo esserci tornati più volte come famiglia, abbiamo allargato l’invito ad alcuni nostri amici e conoscenti con il desiderio che questa vacanza, all’interno di una natura incontaminata, dalle distese sconfinate della Savana, alle spiagge bianche dell’Oceano Indiano, potesse trasformarsi in un’esperienza indimenticabile di condivisione e di rapporti di fraternità.

Tre anni fa, con questi amici, abbiamo conosciuto Joseph, un keniota che si è rivelato subito per noi un ottimo “mediatore culturale” cioè la persona che ci permette di “entrare” nella cultura del posto e di scoprirne i bisogni e le bellezze.

Joseph ci ha fatto conoscere il suo progetto di fraternità e condivisione: il Mazao Family Empowerment Project. Esso consiste nel lavorare con le famiglie e le giovani generazioni colpite dalla povertà, per migliorare la loro vita attraverso la produzione sostenibile di culture. E’ partito così il primo esperimento con tre famiglie a Garashi, un piccolo villaggio nell’entroterra keniano, nella provincia di Kilifi. Opportunamente preparate, e grazie alla costruzione di un pozzo e di un impianto di irrigazione, hanno cominciato a coltivare quattro ettari di terreno fertile, nelle vicinanze di un fiume.

L’obiettivo era quello di elevare il ruolo della donna a protagonista della vita anche economica del villaggio, in un ambiente prettamente dominato nei ruoli e nel potere dagli uomini, questo attraverso il lavoro e la formazione scolastica.

Ci sembrava fondamentale sostenere il progetto nato da una persona del posto, con una visione locale e globale insieme, per noi ancora oggi Joseph resta insostituibile.

Il sostegno a questa iniziativa, oltre alle raccolte fondi, avviene tramite vacanze solidali, un modello abbastanza diffuso, attraverso il quale si offre la possibilità di visitare i luoghi del progetto in corso, sostandovi qualche ora per conoscere le persone coinvolte e toccare con mano i risultati ottenuti.

Nel 2018, durante uno di questi viaggi, rendendoci conto che la produzione di mais, pomodori e altre verdure era sovrabbondante è nata l’idea di costruire una cucina in una scuola, che si trova sulla costa vicino a Watamu, nella quale non era previsto il pranzo per i circa 250 bambini dai 3 ai 10 anni che la frequentavano.  Molti di loro, nella pausa di mezzogiorno, tornavano a casa percorrendo a volte anche più di 3 Km e alcuni, purtroppo, quando arrivavano a casa non trovavano nulla da mangiare. Altri, la maggior parte, si nutriva quasi esclusivamente di farina di mais, mostrando evidenti patologie legate alla carenza di proteine e di vitamine.

L’ atteggiamento di ascolto costante della realtà del luogo ci ha permesso di essere molto flessibili, accettando anche delle sfide che non erano razionali per la nostra cultura, ma trovando invece solide radici nel costruire insieme tra di noi e con Joseph un percorso nuovo e mai scontato.

Il preventivo della cucina era impegnativo, insieme ad alcuni nostri amici abbiamo deciso comunque di iniziare i lavori nella speranza che la provvidenza avrebbe fatto la sua parte.

Si sono realizzate feste con raccolta fondi, una famiglia ha deciso di rinunciare ai regali di Natale e dare un contributo, una coppia di anziani si è fatta presente con una busta, c’è chi ha dato il corrispettivo di alcune ore di lavoro straordinario, una vicina di casa saputo del progetto ha voluto partecipare, un imprenditore ha dato una grossa cifra….

Si è messa in moto una gara di solidarietà tra tanti, raccogliendo in poco più di un mese 13.500 euro. Questo risultato ha permesso che i lavori fossero eseguiti a tempo di record.

Quello che ci ha stupito è la reazione delle persone intorno a noi alle quali raccontiamo la nostra esperienza. La loro partecipazione emotiva e concreta non manca mai, con una generosità ben oltre la nostra immaginazione. E’ una catena invisibile ma forte di relazioni che si aprono ad una fraternità universale.

Il 3 gennaio 2019, alla presenza di personalità civili e religiose del posto, c’è stata la festa di inaugurazione della cucina nella scuola. Erano presenti tantissimi bambini e tanti genitori. I canti, le poesie, le danze e il pranzo condiviso hanno creato un bel clima di famiglia.

Anche a gennaio del 2020 siamo partiti in venti persone e, quando siamo arrivati, abbiamo gioito nel vedere come le cose siano andate avanti.

La coltivazione di Garashi ha raggiunto i 12 ettari e le famiglie coinvolte adesso sono una trentina. Si coltivano verdure di vario tipo, legumi e tanti alberi da frutto tra cui banane, arance, manghi, papaya… una meraviglia!

Alla scuola poi, abbiamo trovato una cucina che lavora a pieno ritmo, addirittura utilizzano un terzo fornello per cuocere il pudding che viene proposto per la merenda. Abbiamo visto i bambini in forze, si vede proprio che una volta al giorno mangiano un bel pasto completo. Oggi, infatti, i 250 bambini possono nutrirsi con un’ alimentazione completa grazie ai prodotti della coltivazione di Garashi. La grande sorpresa poi è stata una festa organizzata dalle mamme, che hanno voluto dimostrarci il loro affetto e la loro riconoscenza: siamo ormai grandi amici…

Abbiamo osservato che i bambini mangiano regolarmente per terra, in mezzo alla polvere che si alza a causa dei loro movimenti e poi ricade sulle loro pietanze, per loro una cosa abituale. E perché non costruire allora un refettorio?

Anche questa volta la Provvidenza si è fatta viva attraverso vari segni concreti: un compagno di viaggio ha deciso di donare una parte del suo TFR e anche altri componenti del gruppo vacanze hanno dato il loro contributo. E così si è deciso di iniziare questa nuova avventura sempre nello spirito di condivisione. Anche i genitori dei bambini della scuola contribuiscono alla costruzione di tavoli e panchine per l’arredo della struttura con il legno ricavato da alberi di loro proprietà. Joseph ha proposto di donare loro in cambio dei piccoli alberelli di arance da piantare in sostituzione di quelli tagliati. La scorsa settimana sono iniziati i lavori di muratura che stanno procedendo molto velocemente anche perché sta per arrivare il periodo delle piogge che potrebbe rallentare la conclusione dell’opera. Ci ha colpito la loro operosità.

A novembre dello scorso anno, Anna Daniele e Diletta, una giovane famiglia di Vicenza ci ha lasciato improvvisamente a causa di un incidente stradale. Sappiamo che un loro desiderio era quello di venire in Kenya a conoscere questa esperienza. Abbiamo così pensato di dedicare questa sala mensa a loro, che tanto avevano in cuore il popolo africano.

Se la situazione “corona virus” ce lo permetterà, ad inizio settembre ci sarà la grande festa di inaugurazione, che altrimenti sarà solo posticipata, consapevoli che il refettorio sarà già in piena attività.

La raccolta fondi continua anche perché c’è la necessità di comprare una motozappa per facilitare il lavoro di agricoltura che attualmente viene fatto tutto a mano.

Una giovane che ha partecipato a questo ultimo viaggio, tornata a casa, ha proposto l’esperienza a tanti suoi amici e già un gruppo di 15 coetanei si stanno organizzando per partire appena sarà possibile.

Siamo consapevoli che tutto quello che abbiamo vissuto e stiamo continuando a vivere non è stato pensato e programmato a tavolino, ma è ed è stato un lasciarci guidare da una mano invisibile che sta portando avanti questo sogno.

Vicini più… vicini

Ci siamo trasferiti a Novembre in una casa nuova e fin da subito avevamo in mente per la Primavera una festa di vicinato per conoscere i nuovi vicini di casa. La primavera è arrivata e in queste settimane ovviamente non è stato possibile organizzarla. Ma ci sembra che ugualmente attorno a noi in questi giorni di quarantena si sia cominciata a intrecciare una rete.

Con il sole di Marzo e il tempo a disposizione abbiamo curato il giardino della casa, ma ci mancava il tagliaerba. Chiedendo ai nostri vicini ne troviamo uno e subito lo scambio diventa occasione per presentarci e barattare l’attrezzo con una crostata fatta in casa da noi. Cominciamo anche a imbastire un piccolo orto, da neofiti alle prime armi, e pian piano questo spazio diventa un luogo di ritrovo a distanza con chi ci abita accanto. Un anziano timido ma con più esperienza, dall’altra parte della ringhiera, ci suggerisce come gestire il terreno da tanto tempo fermo. Suo nipote, studente universitario, ci racconta i suoi viaggi nell’est europeo e la passione per la politica. Una ragazza con il papà in ospedale e costretta in quarantena, ci saluta dalla finestra e poco dopo si presenta chiedendo di chiacchierare un po’ insieme tanta è la noia e la voglia di sconnettersi dalle preoccupazioni. Un’altra signora da un’altra casa condivide stati d’animo e fa amicizia con i nostri bambini. Una sera prestiamo la nostra stampante, l’unica con ancora le cartucce cariche, per stampare alcuni documenti di lavoro per un’altra vicina.

E così ci siamo fatti davvero vicini più vicini. Ci sembra che il tempo fermo ci abbia dato la possibilità di abitare realmente la nostra via e di soffermarci insieme, con gratitudine, a godere delle relazioni tra noi che possono nascere in semplicità, riconoscendone l’importanza, la necessità e il valore

P e R.

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Ogni giorno è un dono, riflessioni in prosa su un tempo unico

“CORONA-VIRUS” : è strano per molti il  nome dell’ infezione,
che ha portato turbamento in tutti e messo scompiglio in ogni Nazione.

Il nome richiama ai credenti la preghiera, da Maria prediletta, tra quelle esistenti.
Tuttavia Ella non è estranea a tale paura universale come non lo può essere il cuore
di una  Madre che ha per tutti i suoi figli, viscere d’amore.

Tale avvenimento mi ha portato a guardare Maria in modo nuovo: accanto al capezzale
di ogni figlio, sprofondato nel sonno, nel gesto di sollecitarlo a rialzarsi, mostrandogli,
con la luce e profumo di primavera, per vie nuove, avviarsi ed “incontrare Dio” nella preghiera
“scoprire se stesso” nella scuola, “considerarci fratelli” nel lavoro e a “condividere con tutti”
la propria amicizia con Gesù.

La primavera è novità, è vita, è riscoperta di libertà: non fatta di capricci o conformismo
e nemmeno, del male più in moda, il bullismo, che si manifesta non solo a scuola ma in ogni ambito della vita.

Gesù lo chiama: “Ipocrisia” San Paolo ammonisce che “la “Verità” ci fa liberi!”
e che “dove  c’è le Spirito c’ è vera libertà”. Pure in me il “virus” ha prodotto la “crisi”, quale dono primaverile dello Spirito, di cui spesso ha bisogno la religiosità, fatta di pratiche, abitudini e superficialità.

Certamente la “sapienza” e “declericalizzazione” ricevute nel Movimento non sono  state sufficienti a liberare dalla  chiusura del mio pensare e capire che non è importante “conoscere” ma conta, assai più, l’amare: lo ha insegnato Maria a Lourdes e, ai tre fanciulli di Fatima.

Pure  Papa Francesco è stato spinto a fermarsi davanti  a  scelte tanto attese, ma bisognose di luce maggiore che  illumini  ogni situazione guidato dallo Spirito, senza timore.

Nello stesso tempo incoraggia a dare il tutto di noi stessi, senza, dei nostri limiti, il rossore.

Don Gaetano

 

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Una Chiesa colorata!

In questo tempo di coronavirus in parrocchia con le catechiste ci siamo chieste in quale modo poter essere accanto ai nostri ragazzi per rompere il silenzio e poter sentirci uniti e tenere viva la nostra fede. Ci è venuta in mente l’idea di chiedere ad ogni ragazzo di scrivere un pensiero, fare un disegno per “colorare” questi giorni.
Poi ci è arrivata la bellissima iniziativa della  diocesi di Vicenza che invitava tutti i bambini a disegnare sotto il manto della Madonna di Monte Berico i propri cari, in particolare in occasione del rosario del Santo Padre per la festa di S. Giuseppe, e nel particolare affidamento alla Madonna di Monte Berico da parte del vescovo Beniamino la vigilia della festa dell’annunciazione (il 25 marzo scorso).
Così anche questa proposta si è aggiunta a quella che avevamo pensato. Io ho la fortuna di abitare ad un passo dalla chiesa, nella canonica che nell’unità pastorale sarebbe vuota (i parroci risiedono nell’altra parrocchia). Durante l’anno svolgo un piccolo servizio per la chiesa e anche in questo tempo è così. Con le catechiste ci è venuta questa idea: potevo ricevere tutti i disegni via whats app dei bambini  e appenderli alle vetrate della chiesa. Così anche la chiesa si è colorata e anche se non ci possono essere tutte le persone fisiche presenti, i disegni rappresentano i bambini e tutte le famiglie che sono lì. E anche sotto il manto ho rappresentato le due parrocchie dell’unità pastorale unite, mettendole sotto la protezione di Maria.
Ogni giorno, quando vado ad aprire la chiesa e a suonare le campane e come se le persone e i ragazzi fossero presenti e la comunità e questo pensiero condiviso con le catechiste ci rende pieni di speranza e uniti!

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Organizzarsi giornalmente in tempi difficili

Qualche giorno fa era il compleanno di mia mamma e, al ritorno dalla spesa, mi sono recata al cimitero per farle una breve visita.
Appena entrata ho visto che in quasi tutte le tombe c’erano vasi caduti e rovesciati a causa del forte vento del giorno prima.
La tomba di mia mamma era a posto ma guardandomi attorno mi sono ricordata della Parola di Vita e ho pensato che da oltre un mese le persone non potevano andare al cimitero e sarebbero state tristi nel vedere le tombe dei propri cari così in disordine.
Ho iniziato così a sistemare  i fiori rovesciati aggiungendo l’acqua, rialzando i vasi capovolti ai quali ho aggiunto la terra che era stata rovesciata e così, tomba dopo tomba, per una buona mezz’ora.
Ho notato che conoscevo molte delle persone sepole e ad ognuna ho affidato l’Italia e il mondo intero perché ci liberassero dalla  pandemia. In questo modo ho ricreato un bel dialogo tra cielo e terra!

In questo tempo che passo a casa sento che devo organizzarmi perché a volte alla sera mi vengono alla mente persone che non ho chiamato o altre cose che non ho fatto.
Ho capito anche che devo stare attenta al cellulare che è sempre lì comodo che mi chiama anche se è silenziato e, se lo seguo, mi fa perdere tanto tempo e non sempre in modo costruttivo.
Per fare meglio le cose ho pensato di utilizzare un quadernetto nel quale ogni giorno scrivo le persone da chiamare così sono certa di non dimenticarle e poi ho anche la possibilità di ricordare quando richiamare quelle più sole.
In questo modo sono più attenta nell’usare al meglio il bene prezioso del tempo dato che attualmente ne abbiamo in abbondanza ma non dobbiamo per questo sprecarlo.

Una mattina stavo ascoltando la S. Messa e ho sentito che mi era arrivato un messaggio. Ho pensato subito di prendere il cellulare e guardare, tanto ero a casa mia, in poltrona e non c’era nessuno ma poi mi sono detta un bel NO, non ero a casa mia ma ero in Chiesa, nella Chiesa domestica e in chiesa non si guarda il cellulare!

 

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Restare a casa riscoprendo il valore di tante azioni

Da quando sono in pensione mi sono abituata a trascorrere molto tempo all’aria aperta, a camminare e a fare tante cose gratificanti fuori dalla mia abitazione. Rimanere a casa, dunque, è difficile… Però sono sicura che questo momento di vita è una grazia che mi farà bene. La rinuncia, la solitudine, l’incertezza del domani e la tragicità di questa situazione con tutta la sofferenza che vediamo ogni giorno,  mi  fanno tornare in me stessa e gustare di più la preghiera, la meditazione, la S. Messa anche se in TV e la domenica a casa,  che per noi era solitamente una gita in montagna con la compagnia..
Ho aiutato mio marito  a vangare l’orto e a piantare le patate, cosa che non avevo mai fatto. Ora preghiamo insieme,  dedico più tempo alla casa e al giardino  e al rapporto con i figli che vivono fuori casa. La relazione tra noi è più sentita anche da parte loro ed è una gioia comunicare per video chiamata.
Mi interesso dei vicini,  chiacchieriamo,  suoniamo il campanello alla signora anziana per vedere come sta e se ha bisogno. Nella dispensa tenevo delle marmellate e  dei biscotti in più e le ho portate a una famiglia di Belgrado vicina a noi per  fare una parola e condividere con speranza questo momento difficile (tutto rispettando le regole di sicurezza).
Ieri sera invece di guardare la TV, alle 21 ho recitato il S. Rosario in unità con i volontari di Vicenza per il marito di una volontaria che stava molto male. Inoltre, oggi ho vinto la riluttanza e mi sono detta “adesso dono anch’io la mia esperienza al movimento che mi ha donato tanto”.
Un abbraccio a tutti con l’augurio di mantenere la Sua presenza tra noi.
D.

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Azzurro: per mantenere il cuore aperto agli altri con solidarietà

Una nota canzone trasformata in un inno alla solidarietà.
Un insegnante propone ai suoi studenti e alle famiglie della sua scuola una canzone invitando tutti a contribuire aprendoci agli altri per vivere una solidarietà responsabile.

Azzurro

AZZURRO – Testo CANZONE – Originale ed ADATTATO

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Una provvidenza che si trasforma in dono: dalle uova alle fettuccine!

Ieri mattina appesa al cancello trovo una borsetta, la apro e dentro trovo quindici uova.. sono di un nostro compaesano che vive solo e ogni tanto ci lascia questo dono….
Sento il desiderio di fare circolare questa piccola “provvidenza” e pensando che domani è domenica, mi impegno ad amare concretamente.
Preparo del buon ragù e con le uova arrivate preparo delle fettuccine che divido in tre parti, una per il nostro donatore e le altre  per due signore anziane che vivono in paese, ma che ora per l’epidemia sono sempre sole perché i figli vivono fuori comune.
Confeziono tre cestini, che lascio fuori dalla loro porta, con ragù fettuccine e un biglietto, con un pensiero positivo e assicurando loro che domenica a pranzo forse si sentiranno meno soli, perché attraverso questa “piccola” provvidenza sarei stata lì con loro!
”  Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi anche voi fatelo a loro…..”. C.

 

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Pensando all’Eccomi di Maria

il suo Si all’ angelo….voglio dire anch’io il mio piccolo si a chi mi ha chiesto di mettere, nero su bianco, alcune esperienze di questi giorni.
Giorni fa, parlando al telefono con mia mamma, mi raccontava di una sua amica, rimasta vedova l’anno scorso.
Era molto preoccupata perché doveva andare in farmacia ed aveva paura del contagio ….mi sono messa subito in moto, al telefono, per informarmi sulla consegna a domicilio dei farmaci di cui avevo sentito parlare…nel giro di poche ore era già tutto sistemato.
Il giorno successivo ho chiamato la signora per sentire come stava e così mi ha raccontato tutte le sue paure per questa pandemia…le ho suggerito di  mettere una candela accesa sul tavolo del soggiorno….guardandola doveva ricordarsi che non siamo soli…. abbiamo un Padre che ci ama inmessamente.
Ogni tanto la chiamo per farle compagnia e suggerire sempre qualcosa per vivere più serenamente le giornate…un dolce da impastare…fare un po’ di ginnastica proposta alla TV per la terza età…..e tutto ciò che l amore di Dio suggerisce in quel momento!
Lei è sempre felice di fare due chiacchiere e mi saluta dicendo…ogni mattina appena mi sveglio accendo il lume sul tavolo !!!

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Le mascherine….

Giorni fa, una nostra cara amica impegnata in politica per il bene comune, sollecita a donare mascherine per gli operatori sanitari qualora ne avessimo avute in casa ….
Ho letto il messaggio e poi accantonato non avendo mascherine a disposizione …anzi , essendo il mio papà ricoverato in ospedale, ne avevo comprate un paio anch’io per poter circolare .
L ‘altro giorno, sistemando l’armadietto dei medicinali, mi imbatto in un bustone di carta contenente 7 mascherine chirurgiche…erano lì da alcuni anni e non mi ricordavo più di averle .
Visto che nel pomeriggio dovevo recarmi all’ospedale per il cambio biancheria del papà, ho preso il bustone e l’ho consegnato all’infermiera del reparto che l’ho preso molto volentieri.
Il giorno seguente ci chiama nostra figlia al telefono confidando in la sua preoccupazione…il lunedì successivo doveva tornare al lavoro, in ufficio, e non riusciva a recuperare mascherine da nessuna parte….sperava di poter lavorare da casa, ma a causa di alcuni problemi tecnici ai computer non era possibile …
Quando è terminata la telefonata mi sono sentita morire…un pugno nello stomaco….mia figlia incinta di tre mesi, doveva tornare in ufficio senza le dovute protezioni mentre io avevo dato via le mascherine che avevo in casa ….
Passato il primo momento di sconforto …io e mio marito ci siamo ripetuti che noi confidiamo nella Provvidenza e che spesso abbiamo sperimentato quel DATE E VI SARÀ DATO…sicuri che Dio avrebbe provveduto in qualche modo anche questa volta …..
Poche ore dopo ci richiama nostra figlia per comunicarci che il problema con i computer sembrava risolto….e quindi da lunedì avrebbe iniziato a lavorare da casa !!!
K.

 

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Riscoprire le piccole cose in tempi difficili

Quando sono cominciate le restrizioni a causa del covid-19 emanate con gli ultimi decreti del Presidente del Consiglio, io ero già “reclusa” in casa da una quindicina di giorni, per ricorrenti recidive che interessano i miei bronchi quando d’inverno l’aria è ancora particolarmente fredda. Pertanto, gli approvvigionamenti di alimenti rimandavo a farli in momenti più propizi. A seguito della diffusione del coronavirus nel nostro territorio mia figlia ha chiesto al papà, settantacinquenne, di non recarsi più nei supermercati a fare la spesa.

Applicando la saggezza dei miei nonni ho cominciato a riscoprire le classiche ricette della cucina mediterranea, tirando fuori dalla dispensa i legumi acquistati l’ultima volta che sono stata al sud e preparando gustose minestre. Passano i giorni e finalmente mi sento meglio ed è arriva il bel tempo. Metto il naso fuori in giardino e scopro che gli alberi dell’orto sono fioriti, il prato è ricoperto di pratoline e dei fiori d’un giallo intenso del tarassaco. La natura mi sorprende, superando quel velo di malinconia che le notizie dei telegiornali riportano puntualmente.

Mi decido così ad esplorare l’orto, rimasto abbandonato nel periodo invernale anche perché le poche coltivazioni per la famiglia, messe a dimora da mio marito, vengono puntualmente divorate da lepri, cerbiatti, uccelli di tante specie, poiché la nostra casa confina con il bosco. Scopro, allora, che ci sono qua e là piccole cimette di rape, piccoli cavoli, broccoli, cespi di radicchio  che sorprendentemente gli animali ci hanno generosamente lasciato, quasi fossero a conoscenza del nostro momentaneo bisogno. Mi dedico anche a raccogliere lattugaccio, tarassaco, radicchiella e grespino, cosa che in passato, presa dal lavoro, avevo fatto pochissime volte. Ringrazio Dio per questa Provvidenza. Mio marito intanto, nei giorni successivi, alle pendici del bosco, piccola parte di nostra proprietà, raccoglie degli asparagi selvatici. Per  noi sono più che sufficienti. Telefono allora al nostro vicino e lo invito a fermarsi la sera tornando dal lavoro per condividere quanto provvidenzialmente abbiamo trovato. Ne faccio una bella porzione per nostro figlio sposato e chiedo a nostra figlia, che abita con noi, di lanciare il pacchetto nel giardino del fratello, andando al lavoro, per evitare ogni contatto fisico,

Nel frattempo oltre a dedicare il mio tempo alla ginnastica mattutina, alla Santa messa celebrata dal Papa e ad unirmi in preghiera con tutta la Chiesa in altri momenti della giornata, mi dedico a riordinare e ripulire la casa, ora che non posso più usufruire dell’aiuto della signora che settimanalmente mi aiutava, ricordandomi che una parte di questi soldi risparmiati potrò devolverli in altro modo. Mi impegno a dedicare del tempo alla lettura o a cercare telefonicamente parenti lontani o anziani per tenerli su di morale. E che dire di un gioco di cui una mia amica mi ha messo al corrente? Il gioco della felicità di Pollyanna: non lamentarsi ma riscoprire il lato positivo nelle varie situazioni. In casa finisce qualcosa? Si trova un’alternativa! Non funziona più la stampante: si può salvare in chiavetta e stampare al lavoro della figlia…Insomma questa situazione mette in moto conoscenze sopite e risveglia la creatività.


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Quando a fare il primo passo sono gli altri
Solidarietà Cina-Italia

La mia azienda lavora da diversi anni con partner cinesi. In questi giorni abbiamo ricevuto da uno di loro un messaggio di posta elettronica che ci ha molto colpiti.

Il nostro partner, preoccupato per la situazione COVID-19 in Italia, ci ha scritto chiedendoci della nostra salute e se fossimo interessati a ricevere un set di 100 mascherine protettive.

Si era già interessato per capire se era una quantità compatibile con i problemi di dogana a aveva già contattato il trasportatore, pagando tutte le spese, tramite un loro corriere avrebbero avuto la possibilità di farcele avere rapidamente e senza complicazioni. E’ stato come una carezza e un segno di vicinanza inaspettato e non comune nel mondo del business.

La cosa che ci ha sorpreso e devo dire anche commosso è stata l’invito o a considerare la salute e la famiglia doni preziosi e prioritari da custodire con particolare cura.

Questo messaggio ci ha dato molta gioia. Abbiamo riconosciuto in queste parole un’attenzione e un amore che va ben al di là dei pur buoni rapporti di lavoro.

Ci è sembrata una lezione importante di attenzione e di affetto che mi ha fatto riflettere anche su come i facili luoghi comuni e le categorie mentali possano creano barriere.

Mi sembra anche che le  relazioni e l’attenzione che abbiamo cercato di avere in questi anni di lavoro abbiano avuto una risposta generosa e che ci ha dato una gioia speciale.

A.


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Un diario in tempi di corona virus

[20/3, 16:39]  Il coronavirus sta aiutando tutti a vivere una vera Quaresima:”Ricordati che sei  cenere ” . Abbiamo bisogno di rinnovarci dalla testa ai piedi (Lavanda, Giov. S.). Occorre allenarsi  per riuscire a superare lo scoglio del dolore senza cedere alla tentazione di fuggire (Ven. S.). Occorre saper attendere con Maria la Risurrezione. (ANDRÀ TUTTO BENE…?).
In questi giorni sto cercando di piantare più profondamente il CHIODO che sostiene la mia vita. Ogni mattina rinnovo la mia fiducia nell’Amore di Dio (CHI-ODO?). Ascolto Lui: accolgo la sua Parola e confido che sarà Lei stessa a portare frutto. Mt. 7,12 “….anche voi fatelo a loro. “
Tutti abbiamo bisogno di sapere che c’è un CUORE che batte per noi. … per questo sento che è bello iniziare al mattino presto a pregare per tutti… dopo aver acceso bene il rapporto personale con Dio. Il tagliarmi la barba ora lo vedo un modo per voler bene ai fratelli. Don N. desiderava il testo scritto di un’omelia del papa e con un po’ di pazienza sono riuscito a stamparlo impaginato e sottolineato. Con Don L. ci siamo divisi l’elenco degli infermi per contattarli tutti telefonicamente…con grande gioia di tutti.
 Alla domenica dopo la messa delle otto di solito prendiamo il cappuccino al bar con due anziane. Non potendo uscire abbiamo pensato di fare una sorpresa telefonando loro. Sono state così felici che poi una ha trovato il modo di farci arrivare una focaccia e una bottiglia di vino. L’altra il giorno dopo ci ha portato degli spinaci nostrani..
Per ora mi fermo qui e vi invio alcune immagini di questi giorni
Don Mariano
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Pranzo di festa con tovaglia africana in ricordo anche del nostro martire in Angola p. Lazzaro Graziani (Capitello) e pollo cucinato con l’ingrediente dell’Unità concreta fra noi sacerdoti.
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Una primavera speciale

PRIMAVERA 2020

Eccola, è tornata la primavera ma quest’anno lo ammetto non sembra vera.
Eppure par tutto normale là fuori, dalla finestra vedo sbocciare i fiori,
ecco una rondine, l’ho vista passare alta nel cielo, libera di volare.
Ma noi non possiamo uscire in passeggiata pur se si prospetta una bella giornata.
Scuole e uffici, strade e parchi son deserti ma ciò non significa che siamo inerti:
chiusi in casa ancor si studia e si lavora tanto in rete ora siamo ad ogni ora.
Le persone tremano in tutta la terra e in tv qualcuno dice “c’è la guerra!”
Ancor si vide un tal piccolo nemico ucciderne tanti, pur nel mondo antico
però per la prima volta nella storia se noi tutti vorremo cantar vittoria
dovremo unire le nostre forze insieme e prendere anche decisioni estreme,
per fermar questo virus così letale che sarà parte del nostro memoriale.

Ormai tutti i popoli sono coscienti d’esser diventati interdipendenti
e l’arcobaleno vedremo spuntare se ognuno la propria parte saprà fare.
Colomba di pace vieni repentina per mostrarci che la salvezza è vicina
e che questa guerra si vincerà insieme perché ne son convinta, andrà tutto bene!

CP

wapp

Una coperta e…una preghiera in famiglia

Condivido con voi un’esperienza che stiamo vivendo con la mia famiglia durante questa Quaresima così particolare, in cui penso ci sia chiesto di riscoprire la centralità di noi, laici cristiani, nel mantenere accesa la fiamma della fede e della speranza.

La Domenica sera prendiamo una coperta, la stendiamo a terra, le nostre due figlie di 7 e 4 anni accendono due candele e ci sediamo tutti insieme attorno a questo piccolo segno. Facciamo un segno della croce, facciamo un canto con la chitarra (Spirito di Dio) e poi leggiamo insieme il Vangelo della Domenica, tentando di renderlo il più comprensibile alle bambine. Diciamo un Padre Nostro tenendoci per mano, ed ognuno dice il motivo per cui recita la preghiera. Concludiamo con una benedizione e un canto finale (Resta qui con noi).
E’ poca cosa, in un quarto d’ora-venti minuti abbiamo concluso la nostra piccola celebrazione, ma vedo che le bambine sono contente di fare questo rito e non si annoiano. Nostra figlia il Sabato ci chiede: ma domani è il giorno in cui facciamo la preghiera sopra la coperta?

Un abbraccio a tutti,

P.

Affectionate friends walking at sunset in a park

Ritrovarsi dopo tanti anni..

A proposito del passaparola di oggi… L’amore prende sempre l’iniziativa. Ieri mi è venuto alla mente il cognome di una ragazza che avevo conosciuto quarant’anni fa facendo volontariato in un istituto di ragazze disabili. Con questa ragazza era nata una bella amicizia; dopo il periodo di volontariato era venuta a casa a trovarmi col fidanzato, insieme avevamo fatto volontariato durante le vacanze di Natale al cottolengo di Torino, ero stata al suo matrimonio, era venuta a trovarmi di ritorno dal mare con la primogenita, poi auguri a natale e pasqua, poi avevo perso il suo indirizzo e contatto telefonico. Ieri sera l’ho cercata su Facebook e l’ho trovata. Lei è lombarda, mi ha subito confermata l’amicizia e ci siamo messe d’accordo di sentirci oggi. È stata molto contenta che l’abbia rintracciata, anche lei mi aveva cercata su fb ma non mi aveva trovata perché io ci sono da poco. È stato bello risentirci, raccontarci di tutti questi anni.

V.

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Un primo passo per trovare una nuova casa e ricominciare…

Ieri mi ha chiamato una signora che ho conosciuto circa un anno e mezzo fa. Ci siamo viste due volte, la prima ad una conferenza dove ci siamo conosciute perché sedute vicino, e la seconda al concerto di Ezio Bosso quest’estate all’Arena di Verona… Non era mai stata all’Arena.
Mi racconta piangendo che tre settimane fa suo marito ubriaco l’ha picchiata duramente e lei è scappata. I primi giorni è stata da un’amica, poi tramite assistente sociale è entrata in una casa famiglia dove vive in un monolocale e con le altre persone condivide i pasti. Mi ha chiesto di aiutarla a trovarsi una sistemazione che non costi molto perché lei lavora part time nella mensa di una fabbrica.
Così ho cominciato a guardare in internet affitti in zona ma non ne trovavo. Poi mi è venuto in mente che una signora che vive da sola in una casetta a schiera affitta due camere ad insegnanti che vengono a lavorare nel suo comune. Tramite messaggio l’ho contattata e mi ha detto che ha una stanza disponibile. Ho dato quindi ad ognuna il cellulare dell’altra e oggi pomeriggio si sono messe in contatto. Questa mia amica mi ha telefonato per ringraziarmi tanto perché pensa che sia una soluzione ideale per lei, sia da un punto di vista economico, sia perché non sarà sola.

V.

Una mascherina…per amore.

Voglio condividere con voi un piccolo atto d’amore.
Mercoledì mattina sono uscita per fare la spesa, anche per la mia vicina. Tornando a casa ho incontrato un signore anziano del mio condominio che mi ha chiesto dove avessi trovato la mascherina che indossavo. Era impegnato in un lavoro e ne aveva bisogno. Mi disse che pensava di confezionarne una con la carta da forno! Mi è sembrata una cosa poco efficace.
Gli ho quindi promesso di portargliene una dopo essere passata per un magazzino che frequento per lavoro. Arrivata lì, con sorpresa, ne ho trovata una di tipo professionale, non ne avevo mai vista una del genere!
La mattina successiva ho dato al mio vicino la mascherina – tenendomi a debita distanza –  e lui ne è stato molto felice. Il giorno dopo ho trovato all’ingresso un litro d’olio extravergine molto buono davanti alla porta di casa. Nel pomeriggio, mi ha raccontato che si è sentito più sereno nell’andare a fare la spesa. Di solito questo mio vicino non accetta aiuti da nessuno ed è solo poichè la figlia vive in una citta dell’Umbria.
Mi è sembrato un piccolo gesto di fratellanza, un modo di fare il primo passo secondo quanto il vangelo ci insegna: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (Mt 7,12).

L.

Al tempo del coronavirus

Per me in questi giorni  é  stato importante essere compresa e aiutata da tanti. Anch’io  ho cercato di sostenere, nel rispetto assoluto delle regole, quelli che sono venuti in contatto con me… telefonico o meno.
Trovare insieme gli aspetti di forza di ognuno e utilizzarli per essere attenti a chi abbiamo vicino,  mi ha fatto pensare a un tempo ricco di grazia.
Ricordare le regole e supportare gli anziani vicini é   fondamentale in qualche circostanza. Non è  facile  per molti interiorizzare certi provvedimenti. E sono fragili.
In particolare sto adoperandomi poi per i bambini e le famiglie e con l’aiuto  di insegnanti sto diffondendo le storie pubblicate in quasi 20 anni sul periodico CITTÀ  NUOVA. Stanno girando fra insegnanti e genitori  in molte zone d’Italia.
Sono alternative di educazione affettiva  e prosociale ai compiti a volte freddi e poco motivanti.
Le trovate  su Città  Nuova on line   e sul mio blog INFANZIA che é ancora presente su citta nuova on line http://attentiaibambini.blogspot.it
Sempre sul blog ho curato alcuni post  per riflettere con genitori e insegnanti su questi giorni. Con la psicologa Paola Canna abbiamo in previsione alcuni post creati con ragazzi per educarci all’attenzione agli altri in questi giorni in cui la regola d’oro ci svela il segreto della vita.
Buon cammino
Annamaria Gatti

Fare il primo passo in tempi di corona virus

In questi giorni di sospensione, attesa e preoccupazione mi sono ritrovato più volte a provare un senso di solitudine. Leggendo la parola di vita «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (Mt 7,12) non riuscivo a collegare i pensieri e la mia vita di ogni giorno. Molto probabilmente, il velo dell’incertezza, il desiderio di sapere meglio cosa stesse succedendo, il flusso ininterrotto di notizie oscuravano la possibilità di fissare lo sguardo e l’attenzione sulle persone e sulle loro necessità.

Come sempre accade, non mancano le occasioni per risvegliarsi e guardare agli altri con amore.
Una collega di lavoro mi ha fatto presente che a breve probabilmente avremmo dovuto chiudere tutte le attività interrompendo il lavoro. Anziché ascoltare fino in fondo le sue preoccupazioni, ho cercato di trovare spiegazioni e motivazioni per non affrontare la cosa e sostenere che l’eventualità di una interruzione delle attività era piuttosto remota. Allo stesso tempo ho anche avvertito l’importanza di accogliere la sua esigenza e ho capito, non senza qualche resistenza, che mi si presentava l’occasione per amare come lei voleva essere amata. Superata la soglia delle giustificazioni, ho preso in mano la situazione e insieme abbiamo cercato qualche soluzione avviando la pratica del telelavoro e preparando le condizioni per le svolgere le attività in remoto qualora questo fosse imposto dalle restrizioni nazionali.

La possibilità di andare oltre le mie convinzioni, la disponibilità a fare il primo passo ha permesso l’avvio di un dialogo più intenso con la mia collega e ora stiamo effettivamente gestendo la situazione assieme, a prescindere da quali saranno gli sviluppi futuri.

In tempi di socialità ridotta è possibile costruire un piccolo pezzo di mondo unito con chi ci sta accanto, soprattutto quando facciamo il primo passo per uscire da noi stessi e occupandoci attivamente delle necessità comuni.

G.

Una lettera frutto di mediazioni e ricerca di unità

Faccio parte del direttivo di un gruppo che opera nel sociale. Si Doveva inviare ad un ente pubblico una lettera importante ed urgente per richiedere della documentazione che precedentemente non ci era mai stata consegnata.Proprio per questo fatto, la lettera terminava con una frase determinata che annunciava una denuncia pubblica per l’eventuale nuova inadempienza. Come sempre abbiamo condiviso la lettera  tra tutti prima di spedirla. Qualcuno ha risposto subito che la lettera era perfetta ma la frase finale era ricattatoria e priva di senso civico.È iniziato uno scambio di messaggi sulla frase: chi sosteneva che non era ricatto  far valere il diritto di accesso agli atti e chi invece sosteneva che non potevamo arrogarci questo diritto.Per tutto il giorno c’è stato un continuo rimbalzo di queste posizioni sempre più forti, tanto da pensare di riscrivere tutta la lettera. Dopo una cinquantina e più di messaggi e chiamate personali  i toni erano sempre più alti: si erano costruiti dei muri.Ero molto addolorata nel vedere queste forti incomprensioni. Ho condiviso con una persona del gruppo questa situazione e ho chiesto ad altri di pregare per questo fatto.Alla fine della giornata, stanca dopo tanti tentativi, mi sembrava di aver fatto di tutto, ma più forte dentro di me sentivo che non potevo lasciare questa spaccatura.L’amare non ha mai una misura predefinita. Così ho provato a lanciare una ennesima mediazione con una proposta di modifica della famosa frase finale della lettera.  Una persona ha scritto che andava bene, poi un’altra…e alla fine abbiamo tutti condiviso la nuova scrittura. Dopo due giorni di tensione si è potuto spedire la lettera frutto dell’unità che tutti hanno cercato di costruire rielaborando le proprie idee dopo aver accettato le idee degli altri.

AM

 Un miracolo di Gesù in mezzo

Ieri sera avevo un incontro in parrocchia… già sapevo che vi sarebbe stata un’aria pesante, considerate le riunioni passate…
Ho pensato all’incontro che avevo avuto il giorno prima, dove si parlava di amare disinteressatamente e di non fare le cose da soli, ma condivise.  Così prima di partire ho telefonato ad una persona che partecipa agli incontri della Parola di Vita e le ho detto che sarei andata per amare ed essere Chiesa. Abbiamo fatto un patto tra di noi: di essere  nulla e di chiedere lo Spirito Santo.
L’incontro è stato di una pacatezza indescrivibile; qualcuno ha detto che era la prima volta che si faceva un incontro tra commissione affari economici, sacerdoti, Noi associazione, senza alzare i toni. Ciò che fino al giorno prima era gridato con tono imperioso, quella sera era detto con “secondo me…“!
Alla fine tutti hanno ascoltato le ragioni altrui e i provvedimenti sono stati approvati all’unanimità.
Un miracolo di Gesù In Mezzo!
Finita la riunione con l’amico della Parola di Vita ci siamo guardati negli occhi e ringraziati a vicenda.  È stata proprio un’esperienza di chiesa vissuta con l’amore.
AM

Vicini o lontani?

Qualche anno sia la mia famiglia che i miei vicini, abbiamo acquistato un pezzo di terreno legato a degli immobili.
Con questi nostri vicini non c’è mai stata confidenza anche per dicerie e pettegolezzi messi in giro che ci dipingevano come persone da stare alla larga. Mi è sempre pesato questa mancanza di dialogo perché io che sono nata lì ricordo come si era tutti molto uniti un tempo.

Appena acquistato il terreno abbiamo fatto presente ai nostri vicini che il confine non era dove sembrava e a prova di ciò abbiamo presentato i documenti e proposto di definire il confine tra le proprietà.

Non abbiamo ricevuto un sì ma neanche un no e quindi abbiamo atteso. Da quel momento è iniziata una guerra fredda fatta di gesti provocatori come palesi sconfinamenti, lavori con deposito di materiale nella nostra proprietà, scavi in giorni festivi.

Un giorno abbiamo sentito dei rumori molto forti. Siamo usciti in giardino ed abbiamo visto che ci stavano portando via tutto il materiale che era depositato nel nostro terreno. Alla richiesta di fermarsi  e di rispettare la nostra proprietà, sono iniziati gesti forti di derisione e urla nei nostri confronti che poi sono degenerati in scambio di insulti reciproci. E’ stato un momento di forte dolore perché ho capito che si era rotto quel seppur fragile rapporto.

Da quel momento siamo andati dai Carabinieri per tutelarci ed abbiamo incaricato un legale ed un tecnico per fare la verifica del confine. E’ iniziato un periodo durato un anno nel quale ci si parlava tramite i legali. Noi facevamo una richiesta che il nostro legale trasmetteva al loro ed attendavamo la risposta di ritorno.

Per me che voglio vivere l’Ideale dell’Unità era sperimentare l’inferno, la disunità assoluta. Dovevo anche mantenere un equilibrio con la famiglia e spesso ho fatto fatica a capire quale fosse l’atteggiamento giusto da tenere, fino a che punto si può pretendere la giustizia.

Ogni rumore mi faceva stare con il fiato sospeso perché avevo paura del peggio, che si potesse passare alle maniere forti. Dopo mesi e mesi abbiamo proposto una soluzione e anche un incontro conviviale per definire il problema ma entrambe queste richieste non sono state accolte.

Il buio era sempre più fitto. Spesso in famiglia questo argomento diventava oggetto di scontro anche tra noi e questo mi addolora molto ma dovevo credere.

Fin dall’inizio avevo iniziato ogni giorno a pregare per questa famiglia e anche nel ringraziamento all’Eucarestia affidavo le due famiglie perché fossimo  illuminate.

Un giorno ci arriva una raccomandata con la quale veniamo convocati per una conciliazione. Ecco l’occasione. Devo intensificare la preghiera. Il nostro legale ci comunicò che si trattava di una formalità necessaria per poter poi andare in causa a meno che non accadesse un miracolo. Io credo nei miracoli e subito inizio a pregare e condivido la richiesta del miracolo con un gruppo, che si chiama “Sempreverdigen” con il quale viviamo a corpo l’Amore Scambievole.

Mi sento sorretta dal tanto amore che mi torna da ognuna, e credo che assieme possiamo ottenere il miracolo della riconciliazione.

Il giorno stabilito per l’udienza arriviamo e facciamo di tutto per non incontrarci – ascensori diversi e niente saluti. Devo amare i miei vicini ma anche amare la mia famiglia che non può fare di più in quel momento. Sento di dover fare un salto fidandomi di Gesù in mio marito e credendo che lui saprà cosa dire. Sento che muoio ma questa è la “misura”.

Quando ci troviamo tutti viene chiesto alle parti se accettiamo di entrare in mediazione. Noi diciamo di sì mentre il legale del vicino inizia un discorso che non fa presagire nulla di buono ma, ad un certo punto,  viene interrotto dal vicino che dice “va bene proviamo”. Ecco,  il miracolo è avvenuto!! Sento una gioia enorme e tanta gratitudine. Dopo un mese l’incontro per trovare l’intesa. Prego con tutte le mie amiche Sempreverdigen.

Arriviamo all’incontro e al mattino mio marito mi dice di voler proporre la soluzione che già era stata scartata. Mi viene da protestare ma faccio di nuovo un salto credendo e basta. Sento che devo mantenere un legame forte con mio marito, un legame fatto da un amore grande come quello di meritare la presenza di Gesù tra noi, credendo che questa presenza ci darà la luce e ci aiuterà a dire le parole giuste.

Viene fatta la proposta, poi attendiamo che la mediatrice la sottoponga ai vicini. Immagino le ire e i commenti per ciò che era già stato scartato. Dopo un po’ rientra e ci dice “va bene, hanno accettato, si può fare”

Mi viene da piangere dalla felicità, ringrazio Dio e tutte le persone che hanno pregato, offerto e creduto con me fino ad ottenere questo secondo miracolo. Stendiamo l’accordo e ci lasciamo scendendo con lo stesso ascensore e dandoci la mano.

Dopo un anno di inferno, il Paradiso ha vinto. Ora quando passo vicino alla loro casa i miei vicini si girano a salutarmi invece di girarsi.

 

 

“Ecco sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”. (Ap. 3,20)

3/11 Quando ho incontrato questa Parola sono stato preso da un sentimento di gioia perché è quella che mi ha trasmesso Chiara Lubich. La sento come una perla preziosa da conservare e fare fruttificare con la massima attenzione.

5/11 Sabato è stato un giorno speciale essendomi recato a far visita a tre cimiteri di miei amici e familiari. Mi piace ricordare un pensiero scritto il giorno dopo a coloro che mi hanno accompagnato: “ … Mi piace anche pensare che Dio bussa alla nostra porta, non alla maniera umana, ma facendo passare davanti a noi avvenimenti vari, incontri, dialoghi,  mediante i quali, solo dopo, ci si accorge che Lui ha bussato alla porta, è entrato e si è fermato, almeno per tre ore nell’insonnia della  notte seguente”.

8/11 Anche oggi ho avvertito il bussare della porta di Gesù. Due miei confratelli si soni aggravati di cui uno è mio compagno di scuola. E’ sempre difficile proporre ad un sacerdote il sacramento della Unzione. Ho recitato il Rosario per Lui e per il secondo confratello. In questi otto anni non era mai accaduto  che due confratelli si aggravassero insieme. Ma non sono occorse parole per parlargli, Fu tutto così spontaneo, così fraterno, così commovente che mi venne di dargli un bacio sulla fronte, tanto lui teneva la sua mano  stretta alla mia, continuamente. Così l’ho pure io ho tenuta la sua pregando insieme fino a quando ritornò un po’ di respiro maggiore e si acquetò alquanto. Pure il secondo confratello accolse con segni di grande serenità il sacramento. Mai ho vissuta un’esperienza così profonda e ricca nel celebrare l’unzione dei malati.

9/11 Pure oggi ho avvertito il suo bussare nella visita ai confratelli Saveriani in cui ho incontrato un mio compagno di scuola (parrocchiale) don Stefano Berton (Nello) che poi ha preso la via delle Missioni. Abbiamo ricordato la figura di Padre Uccelli che io ho conosciuto ed incontrato e da cui posso  dire, a distanza d molti anni di avere ottenuto quasi un miracolo. E’ stato un incontro che ha risvegliato in me tanta luce.

10/11 Questa mattina alle ore 7,30 sabato, Maria ha accompagnato in cielo don Virginio Rovea mio compagno di scuola. Ancora una riprova della presenza di Maria al momento della nostra morte. Ma la parola che in continuità ritorna alla mia memoria è quella di Teresina di Gesù: “Gesù per amarti non ho che oggi”. Tutto il resto è niente.

11/11 Questa mattina, quale frutto di una piccola insonnia, mi passò per la mente, quasi depositandosi dentro, questa espressione: “Ora posso amare Dio perché posso amare un fratello”.

18/11 In queste ultime domeniche dell’anno liturgico come risuona bella “la parola di vita”: “Ecco io sto alla porta e busso”. Quanto lo desiderò anche se non conosco quale sarà il mio atteggiamento, quando arriverà la “mia ora”. Tuttavia mi affido a Maria ed ora ho incominciato ad affidarmi pure al  mio angelo custode!

 

29/11 Ieri ho compiuto 86 anni ed è stato un giorno straordinario di incontri e di grazie. Respiravo la presenza di Dio quasi in ogni momento. Ho ricordato con un confratello il detto di Rahner? “Nella Chiesa di oggi ogni cristiano è un mistico o non lo è affatto” Sono parole non precise ma esprimono abbastanza bene il significato. Spesso il Signore ce ne fa fare l’esperienza!

 

 

 

 

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Riconoscere la “Sua” presenza in situazioni impreviste

Da qualche anno, a turno, mia moglie ed io andiamo ogni Domenica a portare l’Eucaristia ad una signora che esce pochissimo di casa per problemi gravi alle gambe e ai piedi, tanto che riesce solo a trascinarsi con il girello.

E’ sposata ma senza figli e il marito fino ad ora ha sempre provveduto alle sue necessità, anche se lei cerca di fare tutto quello che le serve autonomamente ed è proprio brava. Purtroppo, ora si è ammalato anche lui in modo grave.

Abbiamo cercato di suggerire loro la ricerca di una persona che li aiutasse nell’igiene personale, la pulizia dell’appartamento, la spesa e i pasti, ma hanno preferito affidarsi a più persone che vanno in vari momenti senza continuità, a volte anche non rispettando i turni. Normalmente, il sabato e la domenica sono soli.

Una domenica fa sono andato a casa loro e li ho trovati in gravi difficoltà. Il marito, che si rifiutava di portare il pannolone, non riusciva ad alzarsi dal letto che era tutto sporco, la moglie non riusciva ad aiutarlo. Si trovavano in una condizione davvero critica e il primo istinto era quello di scappare da questa situazione imbarazzante.
Ero andato da loro per portare l’Eucarestia. Ho pensato a questo compito e ho visto nella loro sofferenza un volto di Gesù, di Gesù crocefisso e Abbandonato che in qualche modo chiedeva un aiuto, chiedeva di essere amato.
Questo pensiero mi ha dato la spinta per cambiare atteggiamento. Mi sono levato il giubbotto e ho portato l’anziano in bagno per prendermi cura di lui. Dopo averlo lavato e vestito l’ho accompagnato alla poltrona. Poi ho messo in lavatrice le lenzuola per fare il bucato.
Alla fine ho potuto dare l’Eucaristia alla signora, pregare un po’ con lei e ascoltare tutte le sue difficoltà.
Quando stavo per andarmene mi ha chiesto di sostituire due lampadine di due vecchi lampadari polverosi. Prontamente, con l’aiuto della scala, ho fatto quanto richiesto per esaudire il suo desiderio.

Prima di uscire, salutandoli, ho visto nei loro volti la gioia che si univa alla mia per aver riconosciuto e servito un Gesù concreto che chiedeva di essere amato.

Dino

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Dal Brasile, la forza di… un pacco di spaghetti

In una scuola di una favela di Rio è stato creato un “club”per partecipare al quale ogni ragazzino doveva portare in dono, per un mercatino di beneficienza, ciò che gli pareva aver ricevuto di più caro. Un bimbo molto povero non aveva niente da portare ed era quindi “escluso”. Ma poi sua mamma ricevette un pacco di spaghetti, piatto che piaceva assai al bimbo e che sono, per la zona, una prelibatezza. Allora il bimbo pensò di rinunciare a quel dono per poter essere anche lui ammesso al “club”. La scuola ha ricevuto un dono dalle autorità pubbliche per questa iniziativa di carattere sociale ed il bimbo ne èstato fiero. (Gabriella, Vicenza)

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Un incontro davvero… speciale

E’ domenica 18 dicembre 2016: ore 16.00 nella chiesa di Madonna dei Prati.

Mentre all’esterno c’è una nebbia non molto fitta, ma molto fredda e umida, all’interno per i cresimandi e genitori dell’unità pastorale di Brendola si accende un sole: è il sole di Marco Amato Bettiol. Grazie alle catechiste, Marco potrà illuminare il percorso di questi cresimandi aiutando loro a cogliere il dono della fortezza . . . . e non solo.

La chiesa è piccola ma gremita, riempita da genitori e ragazzi.

Passa un’ora e mezza tutta di un fiato, tra l’esperienza raccontata dai genitori Franz e Patrizia, qualche video, qualche flash di Paola e Graziano, tre minuti di Chiara che hanno illuminano tutti parlando del suo rapporto con lo SS.

Un’ora e mezza dove ragazzi noti come “casinisti” erano attenti a seguire, genitori insospettabili in lacrime e grazie a Francesco e Patrizia, non si è caduti nel pietismo, ma il respiro è volato alto ed ha toccato i cuori.

C’è stato molto lavoro per preparare questo momento, con le inevitabili difficoltà, come i dubbi per l’audio risolti pochi minuti prima; queste difficoltà ci hanno richiesto di dire il nostro sì per bruciarlo al fuoco dell’unità, ma come sempre fatto questo passo, al resto ci ha pensato il buon Dio attraverso Marco.

Cosa dire?

Esperienza forte e bella; un’altra occasione che la vita ci ha posto davanti per uscire, insieme e opportunamente preparati, presentando l’Ideale di Chiara a Brendola attraverso Marco, il nostro “compagno di viaggio”.

Grazie Marco!

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I frutti dello spettacolo di Chiara Luce a Marostica del 12 novembre

Conosco la storia di Chiara Luce da tempo, ma lo spettacolo di questa sera mi ha fatto comprendere la sua storia come gen, giovane di una nuova generazione e il suo rapporto con Chiara Lubich. È stato donato il suo segreto, il suo amore per Gesù in particolare nel suo Abbandono. E’ stata per me un’emozione particolare, Chiara Luce ha parlato forte a tutta la nostra comunità di Marostica andando dritta al cuore. Alcune persone mi hanno fermato per dirmi che è stato tanto forte, profondo, che ha toccato dentro. Qualcuno ha rivisto dei momenti difficili della sua vita e non è riuscito a trattenere la commozione. Per un’altra persona è stato sentire che Chiara Luce ha illuminato la sua vita in questo momento così buio e doloroso.
Anche il parroco  era molto molto contento della serata e ha detto che la figura di Chiara Luce merita di essere approfondita con qualche lettura o altro. Sicuramente è stata una luce che ha lasciato il segno.
Sento di ringraziare tutti per questo momento così bello e luminoso.
Antonella

Adozioni a distanza

Ho sempre sentito in cuore di aiutare chi è nel bisogno soprattutto nei Paesi più poveri al mondo.
Ho avuto pure la gioia di conoscere Stefano, un collega di lavoro molto disponibile, che in tanti anni si è assunto l’onere di tenere la contabilità fra i colleghi e la Fondazione ed insieme collaboriamo e ci sosteniamo vicendevolmente.
Conoscendo due delle realtà onlus del mov. dei Focolari AMU (Fraternità con l’Africa)
e Ass.ne Famiglie Nuove AFN (Adozioni a distanza) ci siamo frequentemente dati da fare per dare quanto potevamo di personale, ma anche di coinvolgere altri attraverso queste realtà e anche ad altre.
Ho vissuto un’esperienza particolare in linea con l’impegno di AFN con cui avevo da anni attivato progetti di adozione a distanza. Nel 2003 presso la banca Unicredit dove lavoravo ci misero a conoscenza di un regolamento della Fondazione Unicredit che invitava i colleghi a fare donazioni in gruppo di minimo 10 dipendenti a onlus riconosciute. Seguendo questo invito, la Fondazione raddoppiava quanto versato alla stessa onlus.
Questa opportunità è possibile anche per coloro che si trovano in pensione.
Assieme ad altri del Movimento dei Focolari ci siamo dati da fare per coinvolgere persone interessate contattando amici e conoscenti, sviluppando collaborazioni anche con realtà regionali tra le quali Rovigo assieme ai dipendenti Unicredit e del gruppo papa Giovanni XXIII.
Abbiamo contatti significativi con “Uomo Mondo onlus” di Treviso che aiuta attraverso
il focolare di Gerusalemme le persone in difficoltà vendendo oggetti creati da artigiani di Betlemme.
Abbiamo  contatti  annuali costanti con amici di Vicenza, Milano, Monaco di Baviera e nel tempo con Bologna, Verona, Campobasso, Sicilia e altri.
Il resoconto attuale al 30/6/2016 è di 13 anni di condivisione con AFN (dal 2003) e 10 anni con AMU (dal 2006).
Il totale realizzato compreso il raddoppio effettuato regolarmente dalla Fondazione Unicredit è al 30/6/16 di euro 150.733 (circa 65% AFN e 35% AMU).
Non si può descrivere la soddisfazione dei risultati raggiunti, ma è sempre una grande luce che si accende nel buio del nulla, e ogni anche piccolo atto d’Amore resta per sempre. E solo questo Vale.
Gianni, Stefano e i nostri fedeli sostenitori.
Per chi fosse interessato a diffondere l’iniziativa è possibile scrivere a hustg1@alice.it o telefonare a Stefano: 340/3475936

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Nel nostro gruppo di volontarie cerchiamo di vivere nell’amore reciproco e in profonda unità per meritare la presenza di colui che ci ha assicurato di abitare dove due o più sono riuniti nel suo amore.
Siamo tutte impegnate nell’assistenza di alcuni famigliari che soffrono per particolari patologie.
Cerchiamo di condividere la vicinanza a questi nostri parenti e abbiamo vissuto un’esperienza particolarmente forte quando  ho dovuto assistere mio fratello per molti mesi quando si trovava in gravi condizioni in attesa del  trapianto di cuore.
In quel lungo periodo, numerose volte la situazione è andata peggiorando e bisognava che fossi presente (lontano dalla mia famiglia) per confrontarmi con i medici o per assisterlo.
Durante la sua permanenza in ospedale, il suo figlio più grande è morto in seguito ad un grave incidente stradale. Sono stati per me momenti drammatici, il dolore era veramente molto forte e difficilmente sopportabile.
L’incontro quotidiano con l’Eucaristia, con la persona di Gesù e l’unità costante con le volontarie mediante sms e telefonate mi sostenevano, e ho trovato la forza di affrontare la situazione lasciandomi portare nei vari eventi abbandonandomi con la fiducia tipica di un bambino.
Mentre accudivo mio fratello non ci scambiavamo molte parole, dato che lui era bloccato dal dolore per la perdita del figlio. Un giorno mi disse: «non potrò più vederlo!» Fu allora che io, scoppiando a piangere ed  abbracciandolo, gli risposi: «stai sicuro, lui c’è, c’e in un altro modo», ed in quel momento anche lui pianse iniziando ad aprire il suo cuore alla presenza di qualcosa di soprannaturale che aveva sempre negato.
Nel mio gruppo abbiamo più volte pregato perché potesse incontrare e riconoscere la presenza di Dio. Abbiamo pregato perché ricevesse il dono della fede e nell’ultimo periodo riuscì a recitare con me un’Ave Maria prima di spegnersi.
L’intensa unità vissuta con le volontarie e con lui mi ha permesso di stare anche vicino alla sua ex compagna che è riuscita ad affrontare, riscoprendo la fede, il grande dolore della perdita del figlio. (I. Cologna Veneta)

 

Dopo il Congresso di Roma

Sabato 7 maggio 2016, si è svolto a Padova, presso il Focolare femminile l’incontro delle aderenti di Vicenza, che hanno partecipato al congresso di Castelgandolfo/RM, nel mese di gennaio.
E’ stato un incontro che ha ancora una volta sorpreso, come il fidarsi, per i frutti abbondanti.

Quando sono iniziate le iscrizioni, eravamo dubbiosi se fare un pulman o andare con le auto, poiché per tanti la spesa poteva essere eccessiva se non si riusciva a riempire il pulman, ma quando si lavora con la fiducia di avere la presenza del risorto fra noi si  da la precedenza ai disegni di Dio Padre e i risultati sono stati eccezionali: 47 persone hanno partecipato con tanta gioia di ritrovarsi e rivivere le emozioni di Castelgandolfo.

Betty, Isabella e Cesare del Focolare, con il loro solare sorriso, ci hanno aiutati ad entrare in un clima di Amore e reciproca accoglienza che ci ha permesso di gustare le tante perle preziose che avevano preparato sul tema dell’Unità.

Tutti gli aderenti sono stati entusiasti nel rinverdire il tema dell’anno, e riascoltare il messaggio di Papa Francesco alla Mariapoli di Roma.

Nel ritorno è stato proposto di fare almeno due volte all’anno queste esperienze, perché ci aiutano a tenere in cuore la vita del Focolare e il tema dell’anno; è una possibilità per chi non può partecipare per vari motivi di famiglia o lavoro agli incontri di più giorni.

Teresio e M. Luisa

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Un saluto per…

Da un po’ di tempo ho deciso di rendere migliore l’ambiente in cui vivo offrendo a chi incontro un saluto. E’ un piccolo gesto ma un elemento che incoraggia ad essere più positivi e a vedere il mondo con occhi diversi. In fondo basta poco e mi accorgo che spesso offrire un “buon giorno” o un “ciao” suscita buon umore, curiosità e anche una piacevole sorpresa. Lasciare dunque traccia di questa attenzione agli altri, che si traduce in piccoli gesti di amore, contribuisce a creare un clima migliore nel lavoro, con gli amici, con tutte le persone che incontriamo. Un contributo allo sviluppo di una migliore convivenza che genera fraternità e benessere tra le persone

G. Vicenza

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Abbiamo bisogno di segni per riconoscere la presenza di Dio

Da alcune settimane mia mamma si trova in casa di riposo. Il percorso di ammissione alla struttura è stato piuttosto complicato: colloqui, liste di attese, graduatorie. Normalmente, ai richiedenti viene assegnato un punteggio che determina anche il costo da sostenere. Per pochissimo, mia madre è stata accolta con un punteggio appena sopra la soglia di una retta sostenibile per un normale reddito e così ci siamo trovati, io e mia sorella, a dover far fronte a un impegno economico piuttosto impegnativo. Ciò è dovuto anche al fatto che abbiamo voluto continuare il rapporto con una badante che la assisteva prima di entrar in casa di riposo. Avevamo cercato, infatti, di garantire a questa assistente uno stipendio affinché potesse mantenersi e collaborare ancora con noi nella cura di nostra madre. Col passare dei giorni ci siamo accorti che far fronte ad entrambe le spese era piuttosto difficile. Stavamo dunque pensando di risolvere il contratto con la badante, anche se ci dispiaceva non poter offrire un poso di lavoro a una persona che ne ha bisogno e lo svolge con cura. Ma, inaspettatamente, il sistema di graduatorie è stato modificato e ora a mia madre è stato attribuito un punteggio più basso e quindi una retta più sostenibile per noi dal punto di vista economico. Mi è sembrato di cogliere in questa situazione un segno, la presenza di una mano invisibile che ha condotto in modo opportuno lo svolgersi di questa situazione. Una mano invisibile ma presente che manifesta la presenza di Dio, che vuole abitare in mezzo a noi e non manca mai di rivelarsi – spesso in modo imprevedibile – attraverso le numerose circostanze della vita.

F. Vicenza

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Al parco giochi

Trascorro parte della mia giornata con mio nipote e ci fermiamo a volte al parco giochi per giocare e passare del tempo all’aria aperta. In quel contesto incontriamo spesso ragazzi immigrati che si avvicinano alle persone. Ho notato che quasi tutti li evitano e questa cosa mi ha colpito lasciandomi un po’ di amarezza. Ho pensato “non sono nostri prossimi, persone da accogliere che hanno bisogno di vivere incontri positivi con le persone?” Per parte mia cerco sempre di salutarli e così ho insegnato anche a mio nipote l’importanza di rivolgere un saluto gentile, di chiedere loro come stanno senza timori e con una buona disponibilità. Mio nipote ha subito agito di conseguenza, anche perché a lui viene spontaneo incontrare con gioia e senza pregiudizi queste persone così diverse da noi. Se l’altro, di qualsiasi colore, età e condizione è una persona come noi e quindi degno di amore e attenzione, possiamo donare sempre qualcosa di positivo imparando dalla semplicità dei bambini, che non hanno barriere culturali e limiti nell’accogliere anche chi è apparentemente diverso.

V. Vicenza

Un incontro inaspettato

Stavo parlando con un amico quando si avvicina un ragazzo di colore molto dimesso e piuttosto sporco che ci chiede informazione per raggiungere il luogo dove deve andare.
Dopo un primo momento di incertezza cerchiamo di dargli, il più precisamente possibile, le indicazioni di cui aveva bisogno.
Vedendo la sua esitazione sento che devo fare qualcosa di più e mi vengono in mente le parole del Papa e tutti i suoi suggerimenti per vivere lo spirito evangelico e l’accoglienza generosa anche nelle piccole cose, e a Chiara Lubich che da sempre ci insegna a metterci nei panni del fratello.
Allora suggerisco al mio amico, che in quel momento aveva l’automobile, di dare un passaggio a questo ragazzo anche se la situazione sembra piuttosto imbarazzante.
Dopo un attimo di esitazione il mio invito viene accettato.
La gioia del nostro ospite inatteso si coglie dal sorriso con cui ci saluta ringraziandoci per l’aiuto.
Anche fra noi due c’era la contentezza di aver vissuto un piccolo episodio di autentica accoglienza che ci ha dato la possibilità di dare amore ricevendo il centuplo che indica il Vangelo con frutti di gioia

D. Vicenza

Supermercato

Solidarietà tra donne

Mi trovo al supermercato e incontro un donna di colore con un bambino piccolo nel passeggino. Vedo che ha bisogno di qualche consiglio per acquistare alcune cose, molto utili e poco costose. Intuisco che non ha molte possibilità economiche, le do alcuni consigli e poi proseguo con la mia spesa.

Arrivata alla cassa la rivedo davanti a me mentre cerca di pagare con una carta di aiuto sociale che però non viene accettata. Assieme alle commesse provano e riprovano ma non c’è la disponibilità economica.

Le chiedono di tornare a casa a prendere i soldi, ma lei dice che non li ha. La signora decide di lasciare la spesa e inizia a svuotare la borsa. Mi ritornano alla memoria alcuni momenti vissuti all’estero quando, non sapendo la lingua e non avendo disponibilità economiche, ho vissuto una situazione molto simile. Mi sono detta: «quella mamma non deve andare a casa senza la sua spesa!».

A quel punto decido di farmi avanti, propongo una banconota alla cassiera per pagare gli alimenti della signora. Lei subito non capisce, rimane un po’ interdetta, poi mi ringrazia e la cassiera completa l’operazione. Prima di uscire dal supermercato mi avvicina per ringraziarmi ancora, io la abbraccio e le do un bacio pensando a quanto avrebbe fatto piacere a me ricevere aiuto in una situazione simile.

Mentre finisco di pagare la mia spesa, la cassiera si dice commossa per il mio gesto e io le spiego la motivazione dicendole che a volte bisogna mettersi nei panni degli altri.

Anche quando vado alla macchina trovo la mamma che mi attende per ringraziarmi. Ancora una volta la saluto con un sorriso e do un bacio al bambino. Mi saluta con la mano anche quando la supero con la macchina. Ringrazio Gesù per avermi dato l’ispirazione giusta al momento giusto e aver così potuto vivere quanto lui ci ha detto e ricordato recentemente da Papa Francesco: «avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere».

L. Vicenza

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Dalla Escola Santa Maria di Igarassu PE, Brasile.

Per una Cultura di Pace e Condivisione

Una lettera dal Progetto della Escola di Santa Maria presso Igarassu PE in Brasile che racconta l’impegno educativo nella formazione e nell’educazione alla pace. Si tratta di un impegno costante per vivere il dialogo e la gestione dei conflitti per superare le contrapposizioni e costruire situazioni di vita pacificata.

Per informazioni: Gabriella Zanetti   gabriellazanetti7@gmail.com

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SMaria

 

Aderenti

Congresso Aderenti – Roma 20-23 gennaio 2016

Un gruppo di 40 persone di Vicenza ha partecipato al Congresso. Si è instaurato subito un bel clima e il video di Chiara visto durante il viaggio, ha dato modo di spontanee riflessioni che hanno arricchito e preparato ciascuno al congresso.

Il tema era il punto cardine dell’Ideale donato a Chiara da Dio, dove tutto confluisce e tutto parte: l’Unità. Come ogni anno, anche quest’anno è stato un incontro che ha rinnovato di nuova luce i tanti che hanno partecipato.

Sono state approfondite tre prospettive:

Dono: L’Unità è un dono che viene da Dio e con l’Eucaristia, sacramento che unisce Dio fra noi, fa il suo effetto nel nel vivere l’Amore reciproco.
Impegno: La grazia dell’Unità scende se noi siamo predisposti, Amare senza misura, perché Dio si è fatto artefice di unità fra Dio e gli uomini.
Traguardo: Dobbiamo essere consapevoli che ognuno di noi può portare ricchezza di unità in tanti posti, in famiglia e nella società ed essere risposte concrete e coraggiose alle sofferenze e alle speranze dell’umanità. Il mio IO è l’umanità.

Essendo l’Anno della Misericordia, ci siamo fermati un giorno in più per partecipare all’Angelus della domenica di Papa Francesco, questo ci ha dato l’opportunità al sabato pomeriggio di fare visita alla casa di Chiara a Rocca di Papa, momento di preghiera e di intensa emozione per tutti.

Poi abbiamo visitato l’Abbazia di S. Nilo a Grottaferrata, chiesa bizantino-cattolica dove si svolge tutt’ora il rito cattolico-orientale. La guida (molto brava) ha poi impreziosito la visità facendone la storia.

Alla domenica mattina, abbiamo vissuto la grazia di passare la Porta Santa a S. Pietro partecipando alla Santa Messa, in cui le letture e le preghiere sono state fatte in varie lingue, essendo nella settimana dell’Unità dei Cristiani.

Questo ci sembrava proprio un disegno di Dio: l’Ideale ci chiede di arrivare tutti ad essere UNO, così terminare questo nostro congresso con questa grande preghiera Eucaristica, ci faceva sentire in forte Unità.

Il ritorno è stato ancora più arricchente, perché in pulman c’è stata l’occasione per condividere con una partecipata comunione d’anima ciò che ognuno aveva vissuto in quei giorni.

Teresio e M. Luisa

 

 

 

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Quando si crede nell’amore

La vita di Maria e Dino, della comunità locale di Vicenza, è un’offerta di impegno e amore. Un impegno che li ha spinti a superare enormi difficoltà con la fiducia in un progetto di amore che passo dopo passo hanno portato avanti coinvolgendo gruppi e persone di varie parti d’Italia.
La loro testimonianza, frutto di una fede viva e costante, è contenuta in un libro che ha suscitato in molte persone coraggio e speranza per vivere la propria esistenza in modo autentico e gioioso.
Tramite il Centro Volontari della Sofferenza, nel 2014 Maria ha consegnato di persona nelle mani di Papa Francesco il volume. Nell’aula Paolo Sesto, avvicinandosi a Maria, Papa Francesco ha letto il titolo del libro e le ha stretto la mano. Un gesto che ha prodotto una gioia immensa e indescrivibile confermando l’amore della Chiesa per chi vive nella volontà di Dio anche le situazioni più avverse.

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Qui di seguito Maria ci dona, in modo sintetico, l’esperienza del cammino percorso con Dino sin dal loro primo incontro.

Con Dino ci siamo conosciuti nel 1966 a Re (VB) presso la Casa Cuore Immacolato di Maria. Lui, già infermo da 24 anni, abitava a Todi (PG) io abitavo a Vicenza. Quando decisi di andarlo a trovare scoprii che viveva con la mamma molto malata. Mi raccontò la tragedia che aveva vissuto nel 1943 a soli 15 anni durante un bombardamento a Foligno: era rimasto sepolto sotto le macerie per alcune ore, fu estratto vivo, ma segnato a vita. Dopo 3 anni gli fu diagnosticata la sclerosi multipla, malattia grave e progressiva.
Nel 1949 si recò per la prima volta in pellegrinaggio a Loreto. Entrato nella Santa Casa per venerare l’effigie della Vergine Lauretana ai piedi della Madonna, avverte dentro di sè una grande trasformazione e poi una gioia così profonda che non può esprimere che piangendo. Esce dalla S. Casa immerso in questa gioia e continua a piangere serenamente. E’ il senso di una chiamata proprio attraverso il dolore e la sofferenza. Dopo il miracolo di grazia ricevuto da Maria, la sua infermità l’ha vissuta come dono e ogni anno si recava più volte a Loreto.

Nel 1952 si recò in pellegrinaggio a Lourdes, dove conobbe Monsignor Novarese, ebbe dei colloqui con lui che gli disse: «Dino ti aspetto l’anno prossimo a Re (VB), iniziamo gli Esercizi Spirituali del Centro Volontari della Sofferenza». Fin dal primo corso di Esercizi Spirituali del 1953, Dino avvertì che quella era la risposta alla chiamata che intuì dentro la S. Casa a Loreto. Ha iniziato l’Apostolato a Todi dal 1953 fino al 1968 e dopo sposati ci siamo trasferiti in Veneto, a Thiene, Carrè ed altre zone fino al 1985.

Un mese prima di quella mia visita Dino si era recato in Pellegrinaggio a Lourdes per chiedere un Miracolo. Non la guarigione, ma qualcosa di più grande: avere una creatura per formare una famiglia e mi disse «Tu sei la risposta del miracolo che ho chiesto all’Immacolata».
Da quel breve soggiorno a casa sua – per la verità ero andata a trovarlo come amico – tutti e due abbiamo sentito che Dio aveva un progetto divino su di noi con una chiamata speciale; abbiamo pregato a lungo e, giorno dopo giorno, a livello inconscio, sentivo che lui era la persona pensata da Dio per me, infermità compresa. Dino mi disse subito con molta onestà: «Maria rifletti pure, con me avrai una vita di rinunce, di sacrifici che la mia infermità comporta ma ti assicuro avrai tutto il mio cuore che palpiterà solo per te. Non ho dubbi o incertezze che è Volontà di Dio che tu mi sia accanto per sempre, e questa è la tua vocazione». Per me queste parole sono state, sono e saranno sempre conferme di Dio tramite Dino. Infatti, queste affermazioni edificanti confermavano il disegno d’amore che Dio aveva su di noi. Nel mio cuore risuonavano molto forte le parole di Gesù: «Qualunque cosa avete fatto ad uno dei miei fratelli più piccoli, lo hai fatto a Me». Conferme che cambiano la vita! Quanta gioia avevamo in cuore!

Dino desiderava che io parlassi con il suo medico di famiglia e mi disse: «Maria, meglio un crollo oggi che un fallimento domani». Ebbi l’incontro con il Medico che molto chiaramente mi parlò di quattro aspetti fondamentali: «Signorina, per chi è colpito da sclerosi multipla è molto raro il concepimento», ma noi, anni dopo, abbiamo avuto in dono una figlia. «Gli studi scientifici affermano che una persona colpita da questa malattia vive circa 40 anni e Dino oggi ne ha 39», mi disse il medico. Mio marito è vissuto fino a 82 anni. «Fra un anno Dino potrebbe essere allettato», mio marito non è mai stato allettato. «In quella famiglia mamma e figlio sono infermi; ma la mamma è più grave del figlio», io risposi che la mamma era la perla preziosa della nostra famiglia. Il Medico rimase un pò sconvolto dalle mie risposte, che scaturivano dal mio profondo amore per Dino.

Abbiamo vissuto critiche molto dolorose e pesanti da persone che non condividevano la nostra scelta; soprattutto nei miei confronti; una persona che affiancava Dino nell’Apostolato a Todi un giorno mi disse: «lei è un’incosciente, non solo Dino sarà un futuro marito già infermo, ma anche la mamma è inferma». Io risposi che la mamma è carne di suo figlio.

Più contrasti ricevevo, sempre più sentivo dentro di me che tutto vince l’Amore!

La mamma di Dino è venuta a mancare un mese prima che ci sposassimo nel lontano 1968. Eravamo in Quaresima. Monsignor Poletti, Vescovo di Todi, ci diede tutte le licenze necessarie per il matrimonio e tre giorni dopo il funerale di mamma Federica, ci sposammo in lutto. Poco dopo ci trasferimmo in Veneto, a Thiene ( VI) e poi a Carrè dove Dino ha continuato il suo impegno iniziato a Todi (PG) con il Centro Volontari della Sofferenza in qualità di Capo Zona a Thiene fino il 1985. Per ben 32 anni ha fatto conoscere i messaggi richiesti dell’Immacolata a Lourdes e Fatima.

Dopo sposati, per la prima volta, abbiamo conosciuto il Movimento dei Focolari ed abbiamo partecipato alla nostra prima Mariapoli, a Bassano (VI). Nel Movimento dei Focolari abbiamo trovato la perla preziosa e la pienezza di Dio, cioè la scelta di Gesù Abbandonato, il non vedere che Lui in ogni dolore. Per noi è stata una scuola di vita che dal 1968 non abbiamo più lasciato. Il nostro cuore era traboccante di gioia!

il 1 giugno 2010 in piena notte, l’Immacolata è venuta a prendersi questo suo figlio prediletto. Con mia figlia e mia nipote abbiamo ringraziato l’Immacolata per avercelo donato per ben 42 anni di matrimonio.

Durante il nostro lungo cammino di coppia ci ha ricolmati di Miracoli di grazia, abbiamo vissuto e offerto tanto dolore ma noi abbiamo sempre desiderato che Dio avesse il primo posto nel nostro cuore.